Negli ultimi mesi è esplosa l’attenzione su No More Copyright, una piattaforma AI concepita per trasformare qualsiasi immagine in una versione “legalmente libera”. L’obiettivo dichiarato è semplice: carichi un file, un algoritmo lo commenta, il copyright viene depurato da riferimenti tutelati e infine ti restituisce una nuova immagine che, pur mantenendo l’estetica originaria, dovrebbe essere formalmente distinta. Ma tra promesse di libertà e rischi concreti, il confine tra creatività, plagio e tutela legale diventa sempre più sottile.
Come funziona realmente
Dietro la semplicità di un’interfaccia “carica → rigenera → scarica” si nasconde una serie articolata di passaggi AI-driven. Il tool descrive l’immagine attraverso reti neurali, elimina brand, marchi, dettagli sensibili, quindi genera un prompt “ripulito” per alimentare un modello di immagine. Lo stesso input può produrre varianti diverse, cambiando casualmente parametri come il seed. Il risultato è un’immagine nuova, non una copia pixel‑per‑pixel, ma sufficientemente vicina da mantenere lo stile originale.

Questa dinamica è simile a strumenti più noti come Prompt Llama, che su Giungla abbiamo già analizzato: una piattaforma che raccoglie prompt AI e li confronta su modelli diversi, offrendo una panoramica simile di “come nascono” le immagini da input complessi. Tuttavia, mentre Prompt Llama è esplicitamente un playground testuale, No More Copyright mira ad azzerare i vincoli senza intervenire sui meccanismi creativi interni.
A chi è utile
Chi lavora nel mondo del design, in agenzie, freelance o marketing può trovare in No More Copyright un alleato per sperimentare esteticamente senza rischi apparenti. Anche chi si occupa di contenuti sui social – da Instagram a TikTok – può ricercare velocemente variazioni visive originali. E infine utenti comuni possono usarlo per ottenere versioni “pulite” di immagini amate, senza spendere ore a capire licenze e autorizzazioni.

Considerazioni tecniche e giuridiche
Nonostante l’apparenza innocua, nulla esonera completamente da responsabilità. L’immagine generata potrebbe mantenere tratti distintivi dell’originale, finendo, potenzialmente, per violare diritti d’autore. Inoltre, non esiste un ente certificatore internazionale che dichiari “questa immagine è sicura”: la teorica libertà da copyright si basa su un’interpretazione algoritmica, che può sempre sbagliare. Sul versante visivo, infine, la qualità può variare: il risultato non è sempre più efficace dell’immagine di partenza (vedi il nostro test in alto), soprattutto sotto il profilo estetico ed emozionale.
Il breve capitolo etico
Il lato etico non può essere ignorato: depurare un’opera di diritto e usarla come base può configurarsi come un comportamento scorretto. Se l’obiettivo è monetizzare o pubblicare un lavoro ispirato da un artista – soprattutto sconosciuto – senza riconoscerlo o compensarlo minimamente, si rischia di scivolare in un comportamento parassitario. In prospettiva, strumenti come questo possono abbassare il valore della creatività, relegandola a semplice materia prima da “ripulire” e riutilizzare dal machine learning.
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In conclusione
No More Copyright è uno strumento dirompente e versatile, capace di velocizzare la produzione visuale. Ma lavorare con esso richiede cura: bisogna capire cosa genera davvero, valutare con occhio critico i rischi e scegliere con responsabilità quando serve e quando no. A bilanciare la frenesia della generazione automatica, resta fondamentale sostenere la creatività autentica.