Cento conversazioni per cambiare il modo di studiare, organizzarsi, progettare il futuro. Con ChatGPT 100 Chats, OpenAI ha lanciato una raccolta di prompt nati direttamente dalla community studentesca. Non è una demo qualunque: è un archivio che mostra come l’AI possa diventare parte integrante della vita universitaria e, di riflesso, della cultura pop digitale.
Cos’è ChatGPT 100 Chats
La pagina ufficiale (chatgpt.com/100chats) ospita un insieme di 100 chat già pronte. Non si tratta di prompt scritti da ingegneri o marketer, ma da studenti di varie università, che hanno messo nero su bianco i loro bisogni reali: capire meglio le lezioni, gestire lo stress pre-esame, scrivere saggi più solidi, prepararsi a un colloquio.
In pratica, è un toolkit AI crowdsourced, un laboratorio di idee nate “dal basso” che riflettono il linguaggio, i problemi e le soluzioni del campus contemporaneo.

Esempi concreti
Scorrendo la lista, ci si imbatte in prompt che sembrano piccoli hack quotidiani: trasformare un manuale in quiz interattivi, chiedere a ChatGPT di simulare un professore durante una sessione di domande, scrivere una bozza di CV e poi farsi dare un feedback critico. Altri si spingono oltre l’accademico: consigli su come pianificare una settimana di studio bilanciando sport, socialità e tempo libero, oppure come gestire l’ansia con tecniche basate sulla psicologia cognitiva.
Questa miscela di life skills e competenze accademiche è il cuore dell’esperimento: l’AI non più vista solo come macchina per fare calcoli, ma come compagno di viaggio culturale.
Oltre l’università
Anche se il target dichiarato sono gli studenti, il progetto parla a un pubblico molto più ampio. I “100 Chats” sono prompt-archetipi che possono ispirare creativi digitali, freelance, giovani professionisti. L’idea di condividere conversazioni efficaci — pronte da copiare, adattare e remixare — è in linea con la logica dei meme e delle playlist: format che vivono perché si diffondono.
In questo senso, ChatGPT 100 Chats è una finestra sul futuro dei contenuti AI: non più solo testi generati, ma biblioteche di prompt create da comunità, circolanti come oggetti culturali.
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Il valore culturale
L’operazione di OpenAI non è soltanto un’operazione di marketing. È un gesto simbolico: riconoscere che gli utenti non sono consumatori passivi ma co-designer del linguaggio AI. I 100 prompt non sono perfetti, ma fotografano un’epoca in cui l’università, l’AI e la creatività quotidiana si incontrano.
E come ogni archivio culturale, vale la pena di esplorarlo, criticarlo, remixarlo. Non per avere la “ricetta segreta” del successo accademico, ma per capire come le nuove generazioni stanno riscrivendo il loro rapporto con la conoscenza.
Conclusione
ChatGPT 100 Chats è, allo stesso tempo, una guida pratica e un manifesto generazionale. Per chiunque viva tra lezioni, scadenze e sogni professionali, è un reminder che l’AI non è un’entità distante, ma un alleato quotidiano. Forse il vero insegnamento non è “cosa chiedere” a ChatGPT, ma come imparare a costruire insieme un nuovo modo di dialogare con le macchine.