L’albo influencer è realtà: dal 6 novembre 2025 l’Italia ha ufficialmente un registro degli influencer. Si chiama Albo degli influencer rilevanti ed è stato creato dall’AGCOM per portare ordine in un settore che muove milioni e influenza ogni giorno opinioni, gusti e acquisti. È il primo passo concreto verso una regolamentazione che tratta i creator come veri e propri operatori dell’informazione digitale.
Un mercato enorme, poche regole
L’influencer marketing in Italia vale oltre 350 milioni di euro l’anno, ma fino a oggi non esisteva un registro ufficiale. Brand e creator collaboravano spesso in modo informale, con poca chiarezza su sponsorizzazioni e pubblicità occulte. Con il nuovo albo, invece, chi supera 500.000 follower su una piattaforma o raggiunge 1 milione di visualizzazioni mensili dovrà iscriversi tramite un modulo sul sito dell’AGCOM. Il termine per mettersi in regola è febbraio 2026 e le sanzioni, in caso di inadempienza, possono arrivare a diverse centinaia di migliaia di euro, come riportato da Inside Marketing.

Chi è considerato “rilevante”
La soglia numerica non è l’unico criterio. AGCOM definisce “rilevante” chi pubblica contenuti audiovisivi con continuità e ha una capacità di influenzare il pubblico in modo sistematico, soprattutto quando si tratta di promuovere prodotti o opinioni. In altre parole, non basta avere tanti follower: conta l’impatto comunicativo. Un profilo da mezzo milione di persone che parla ogni giorno di finanza o moda è più rilevante di uno da un milione inattivo o personale.
E i personaggi pubblici?
Il registro sembra non fare eccezioni: anche attori, cantanti, sportivi o conduttori televisivi che usano i social per promuovere marchi o eventi dovrebbero iscriversi. Non è la notorietà a determinare l’obbligo, ma l’uso dei social come mezzo di comunicazione con finalità promozionali o di influenza. Come spiegato da Il Secolo XIX, il criterio è funzionale: chi agisce da “media personale” deve rispettare le stesse regole di trasparenza previste per la pubblicità tradizionale. È un punto cruciale, perché porrebbe sullo stesso piano influencer digitali e figure già famose che comunicano direttamente al pubblico online e a prescindere dagli introiti che l’attività può produrre.
Trasparenza o burocrazia?
Per alcuni, l’albo è un segno di maturità del settore. Le sponsorizzazioni dovranno essere dichiarate chiaramente, gli utenti sapranno quando un post è pubblicitario e i brand potranno operare in un contesto più sicuro e trasparente. Altri temono invece una stretta burocratica: iscrizioni, moduli, controlli e nuove spese amministrative rischiano di pesare soprattutto sui creator indipendenti. C’è anche chi teme un divario crescente tra grandi e piccoli influencer, dove i primi potranno gestire la compliance con studi legali e i secondi resteranno ai margini.
Un segnale culturale forte
L’introduzione dell’albo è anche un segnale simbolico: il mondo dei social non è più una “terra di nessuno”. Come per TV, radio e stampa, l’obiettivo è garantire trasparenza e tutela del consumatore, senza limitare la creatività. Il punto di equilibrio sarà delicato: mantenere la spontaneità che ha reso Internet un ecosistema unico, ma con la responsabilità di chi sa di influenzare milioni di persone. L’Italia, con questa mossa, si posiziona tra i primi Paesi europei a normare in modo organico la figura dell’influencer.
In sintesi
L’albo degli influencer segna la fine della totale libertà nel mondo dei social: più regole, più chiarezza, più controllo. Ma anche una nuova opportunità per chi vuole comunicare in modo professionale, trasparente e sostenibile. È l’inizio di una fase in cui la parola “influencer” non significherà solo popolarità, ma anche responsabilità mediatica.

